Nei prossimi mesi usciranno in libreria i nuovi volumi di alcune saghe fantasy in corso, alune si concludono, altre continuano.
Vediamo quali:
Entro il mese di febbraio Gargoyle Books pubblicherà il secondo romanzo stand-alone di Joe Abercrombie, ovvero "Il sapore della vendetta". Da leggere rigorosamente conclusa la trilogia della Prima Legge e dopo "The Heroes". Il terzo capitolo della suddetta trilogia uscirà verso primavera, con il titolo "L'ultima ragione dei re".
Sempre a febbraio vedrà la luce il terzo capitolo della saga dello strigo Geralt, "Il battesimo del fuoco" sarà sugli scaffali il 27 e speriamo sia un po' meglio dei suoi due predecessori, anche se purtroppo avrà la solita copertina orrenda.
In marzo, secondo logica sarei propensa ad attendere la terza e ultima parte della trilogia Broken Empire di Mark Lawrence. Newton Compton ha pubblicato i due precedenti capitoli sempre in marzo, perciò presumo che Emperor of thorns uscirà in quella data, probabilmente con il titolo che non c'entra una cippa: "L'imperatore dei fulmini".
Mentre "Le cronache del ghiaccio e del fuoco" sono in alto mare, anche se di recente Martin aveva detto che il nuovo libro sarebbe uscito per il 2017, sembra che forse lo avremo entro il 2015. Ma non ci metterei la mano sul fuoco.
Sembrerebbe in alto mare anche il terzo capitolo della saga dell'assassino di re di Patrick Rothfuss, per ora impegnato con altri progetti e sperando che quando uscirà Fanucci si ricordi di pubblicarlo, visto la distanza che lo separa dai due precedenti.
Previsto invece per il 2014 un libro leggero, che definirei lettura da spiaggia, ovvero il capitolo conclusivo della saga di Dragonships di Weiss e Hickmann. L'ho iniziata solo perchè ambientata in una regione simil vichinga, ma si è rivelata meglio di quello che mi sarei aspettata da questi due autori. È ben lontana dall'essere un capolavoro, ma si lascia leggere se si sorpassa su certe ingenuità della trama. Un guilty pleasure, insomma.
Nessuna buona novità invece per la saga dei Bastardi Galantuomini di Scott Lynch, che la Nord ha deciso di non portare più in Italia. Speriamo che la petizione abbia successo, perchè è uscito di recente il terzo capitolo e mi piacerebbe leggere tutta la saga in un idioma a me più comprensibile. Se così non fosse, mi armerò di pazienza e la leggerò tutta in inglese, sempre che non mi ritrovi di fronte scogli linguistici insormontabili.
Per ora mi pare tutto, mi scuso per le lunghe assenze, ma il tempo libero è davvero poco.
Giusto pochi giorni fa ho potuto vedere al cinema la
seconda parte della trilogia de Lo hobbit, questa volta in 3D e devo dire che
anche stavolta non sono rimasta delusa.
Devo spezzare una lancia a favore del 3D a questo giro, solitamente
non amo guardare i film in 3D perché lo trovo inutile e fastidioso per gli
occhi, ma stavolta per questioni di orario mi è toccato vederlo in questo
formato e stranamente non mi è dispiaciuto affatto. Peccato però che dopo un
po’ ci si abitui e la differenza non si nota più. Peccato perché stavolta il 3D
ci stava di brutto, credo sia il primo film che vedo in 3D che mi abbia davvero
dato l’idea della tridimensionalità, soprattutto l’impatto iniziale. E no,
Avatar non conta perché a me Avatar non è piaciuto, ma questa è un’altra
storia.
Questo secondo episodio soffre del fatto di essere il
film di mezzo in una trilogia, e perciò appare “monco” da una parte e
dall’altra. Ciononostante a me è piaciuto e non vedo l’ora di vedere cosa Peter
Jackson avrà combinato per il gran finale.
Le musiche che accompagnano il film sono meno epiche e
più seriose, in quanto l’atmosfera generale è più malinconica, anche se le gag
con i nani non mancano. Durante il viaggio dei nostri tredici nani e un hobbit abbiamo
sempre la solita girandola di azione, tra foreste piene di ragni, orchi a
volontà e ambigui elfi che vogliono solo proteggere la loro patria.
Sottotrama aggiunta per il film, Gandalf che, lasciato
momentaneamente il gruppo, indaga sul ritorno del Negromante e scopre che sta
ammassando eserciti su eserciti. Sottotrama che getta le basi per quello che
avverrà in seguito nella trilogia del Signore degli Anelli e di cui sappiamo
già i risvolti. Secondo me si poteva farne a meno, perché questo è il film
sulla storia di come i nani riconquistarono Erebor e Sauron non c’entra una
cippa.
Nel corso del film i nani incontreranno alcune vecchie conoscenze e qualche personaggio
nuovo che nel libro
non c’era proprio.
Beorn, l’omaccione che si trasforma in orso ha troppo
poco spazio secondo me, io gli avrei dato qualche scena in più. Non mi piace
particolarmente il makeup in versione uomo, ma l’orso era decisamente feroce.
Gli elfi sono come al solito belli e immortali, ma in
questo film sono davvero cattivi e spietati. Li preferisco così che in versione
femminucce infiocchettate. L’elfa Tauriel è un personaggio totalmente inventato
e serve a poco e niente all’economia del film, poi diciamolo il suo mezzo flirt
con un giovane nano, per fortuna poco enfatizzato, era da evitare come la
peste.
Gli elfi in tutto il loro photoshoppato splendore!
Bard piacerà un sacco alle ragazzine con quel suo fascino
che ricorda Johnny Depp in Chocolat. Si capisce già cosa farà nel prossimo film
e come, per chi ha letto il libro è ovvio, ma anche chi non l’ha letto ha già
capito tutto. Me lo aspettavo diverso, ecco tutto.
Bard, con il suo cappotto di montone
Gli orchi sono veramente brutterrimi, il che significa
che sono davvero realizzati bene. Azog è sempre figo, anche se nel libro non c’era.
Che altro dire? Bellissimi i costumi degli abitanti di
Pontelagolungo e degli elfi di Bosco Atro, come sempre una cura maniacale nei
dettagli, tanto di cappello.
E Smaug? Che dire del terribile Smaug? Temevo un po’ per
il doppiaggio, ma a me la voce di Luca Ward è parsa molto adatta, però non ho
sentito quella originale di Cumberbach . E devo dire che la scelta di fare di
Smaug una grossa viverna a due zampe piuttosto che un drago a quattro zampe non
è così terribile.
Nota negativa, il film finisce un po’ così. Un po’ “meh,
proprio adesso?”. Ma c’era da aspettarselo visto che la conclusione e quindi il
grosso del finale sarà nel terzo capitolo. Quindi aspettiamoci sconfitta di
Smaug e battaglia dei cinque eserciti. Roba che faranno un film di tre ore e
mezza come minimo!
Complessivamente è una visione più che piacevole, e non
si soffre troppo per la sua lunghezza.
Ma visto a se perde di senso, si dovrebbe fare una tirata
con gli altri due. Non ci resta che aspettare l’uscita di Lo Hobbit, Racconto
di un ritorno previsto per il 2014.
Di recente, le mie letture mi hanno portato ad imbattermi
in alcuni esordienti stranieri nel campo della letteratura fantastica
conosciuti tramite il vasto mondo del web, e ho notato grossissime differenze
con gli esordienti italiani nello stesso campo.
Partendo dal presupposto che gli italiani sono per la
maggior parte stilisticamente mediocri, e non lo dico solo io, è un dato di
fatto che la maggior parte di quelli che scrive narrativa di genere in Italia
sia digiuno delle più basilari regole della narrativa.
Ora io non sono tra quei puritani che affermano che chi
non rispetta le regole fa schifo a prescindere, perché ci sono scrittori che le
regole le rielaborano o non le seguono alla lettera e hanno scritto romanzi
meravigliosi.
Comunque un minimo di rispetto per le basi è apprezzato,
ecco.
Gli scrittori stranieri scrivono meglio, forse complice
il fatto che in America, per dirne una, ma presumo anche in altri stati, esistono
scuole di scrittura creativa, riviste specializzate che trattano l’argomento e
decine di manuali scritti da persone competenti nel campo. Manuali, tra
l’altro, reperibilissimi anche in Italia per chi volesse provare a scrivere con
uno stile un minimo decente (come provo e riprovo a fare io, ma sono pigra e
non riesco a portare a termine neanche un racconto, mea culpa).
Il panorama fantasy italiano negli ultimi anni è stato
affollatissimo di esordienti, soprattutto adolescenti, a causa del fenomeno Troisi
che ha aperto la strada a tutti gli altri. Era meglio se la strada la
chiudevano al traffico a tempo indeterminato, visti i risultati.
Mettici un drago, ed è subito fantasy!
Gli scrittori italiani si sono dati al fantasy epico per
lo più, ispirato alle grandi saghe come Il Signore degli Anelli e fin qui nulla
di male, solo che l’eroe predestinato che salva il mondo dal Malvagio Signore
Oscuro ha rotto gli zebedei da un pezzo. Almeno a me.
Se ci metti che tutti han voluto provare a scrivere
ambiziose saghe o trilogie la frittata è fatta. Ci vuole esperienza per
costruire un mondo credibile con una situazione politica e militare che non
faccia acqua da tutte le parti e una trama che si dipani senza annoiare per tre
romanzi o più. Se non si ha la capacità per farlo si può sempre scrivere
qualcosa di meno pretenzioso, magari qualche racconto breve che sono meno
impegnativi da questi punti di vista.
Ma anche gli esordienti stranieri si sono dati a saghe e
trilogie, solo che la maggior parte di loro ha saputo costruire
un’ambientazione realistica e credibile. Ma la principale differenze è che
molti non scrivono high fantasy o epic fantasy ma bensì quel fantasy che esiste
grazie a George R.R. Martins, cioè quello brutto, sporco e cattivo. Che è
quello che ultimamente preferisco, dopo quintali di romanzi basati su D&D
et similia, mi sono votata alla sword and sorcery e al low fantasy.
E quindi il succo del discorso qual è? Che stavolta non
sono gli italiani che lo fanno meglio, ma gli autori stranieri. Mi dispiace
dirlo, ma a parte qualche caso sporadico (Zuddas, per dirne uno bravo), gli
italiani il fantasy non lo sanno scrivere.
Ma chi sono questi fantomatici esordienti stranieri da
tenere d’occhio? Ecco qualche nome, alcuni li ho toccati con mano, altri no, ma
purtroppo non tutti hanno ricevuto un’adeguata traduzione italiana e io non ho
più tanta voglia di sorbirmi un libro intero in inglese. Lo saprei leggere, ma dato
che non conosco la lingua in maniera abbastanza fluida mi devo concentrare
all’inverosimile ed è stancante.
Joe Abercrombie
è uno scrittore inglese che ha esordito nel 2006 con il primo capitolo della
trilogia “First Law”, ad oggi ha scritto sei libri, dei quali tre sono
reperibili in italiano editi da Gargoyle, ovvero i primi due capitoli della
trilogia e uno dei romanzi autoconclusivi, che però essendo legato ai fatti
avvenuti nei volumi precedenti sarebbe da leggere successivamente.
Trilogia La Prima
Legge:
Il
richiamo delle spade, Gargoyle, 2013
Prima
che siano impiccati, Gargoyle, 2013
L’ultima
ragione dei re, di prossima pubblicazione presso Gargoyle nel 2014
Altri romanzi:
Il
sapore della vendetta, di prossima pubblicazione presso Gargoyle
The
Heroes, 2011, pubblicato da Gargoyle nel 2012
A
Red Country, 2012
Joe scrive dannatamente bene, ha costruito
un’ambientazione credibile e i personaggi sono caratterizzati ottimamente. Io
ho letto i due volumi della Prima Legge e mi riservo di leggere “The Heroes”
non appena conclusa la trilogia. Ci sarebbe “Il sapore della vendetta” da leggere prima, ma
pare che non sia granchè. È normale che un autore esordiente non imbrocchi
tutto al primo colpo, vistoche lo fanno
anche gli scrittori di lunga data. Quindi a parte il mezzo passo falso di “Il sapore della vendetta”,
direi che è promosso a pieni voti. Sicuramente da tenere d’occhio e sperare che
Gargoyle pubblichi tutti i suoi romanzi.
Mark Lawrence è
anche lui uno scrittore inglese, che ha esordito nel 2011 con una, manco a
dirlo, trilogia chiamata Broken Empire e alcuni racconti brevi apparsi su varie
riviste. Per il 2014 pare abbia in programma una nuova trilogia chiamata The
Red Queen’s War, ma c’è da vedere quanto di questo autore arriverà in Italia.
Trilogia Broken Empire:
Prince
of Thorns, tradotto malamente
Il Principe dei Fulmini, Newton Compton 2012
King of
Thorns, tradotto come Il Re
dei Fulmini, Newton Compton 2013
Emperor
of Thorns, si presume verrà
pubblicato l’hanno prossimo.
Personalmente non
ho apprezzato moltissimo, pur riconoscendo che l’autore scrive bene, la storia
di questo giovane principe che diventa capo di una compagnia di mercenari. Non
tanto per lo stile di Lawrence o la crudeltà del personaggio, ma per il fatto
che una banda di tizi grossi e cattivi che prende ordini da un ragazzino,
seppure di nobili origini mi pare poco plausibile. È possibile che se verrà
pubblicato l’ultimo capitolo della saga gli dia una seconda possibilità perché
credo la meriti. Tenetelo d’occhio.
Scott Lynch con
la sua saga dei Bastardi Galantuomini, un progetto di ben sette libri,
esordisce nel 2006. Ad oggi la saga è arrivata al terzo libro, ma in Italia si
sono fermati al secondo, interrompendo la pubblicazione ed affermando che date
le scarse vendite non c’era interesse a tradurre i romanzi successivi. Un
enorme peccato, perché sembrava molto promettente la storia di questo ladro un
po’ sfortunato. Se non avete problemi con l’inglese però potete sempre
leggervela in lingua originale.
Gli inganni di Locke Lamora (The lies of Locke Lamora, giugno 2006)
I pirati dell'oceano rosso (Red Seas Under Red
Skies, luglio 2007)
The Republic of Thieves (ottobre 2013)
The Thorn of Emberlain (annunciato)
The Ministry of Necessity (annunciato)
The Mage and the Master Spy (annunciato)
Inherit the Night
(annunciato)
Avrei voluto leggerla ma mi blocca la mancata traduzione.
Se l’inglese non è troppo difficile e i libri non sono eccessivamente prolissi
potrei farci un pensierino nonostante il mio voto di non leggere più romanzi in
lingua inglese, causa mie difficoltà personali. Chissà.
Patrick Rothfuss è
uno scrittore americano che ha esordito nel 2007 con il primo capitolo della
sua trilogia “Le Cronache dell’Assassino del Re”. All’attivo ha solamente i
primi due volumi della suddetta trilogia, mentre il terzo capitolo è previsto
per il 2014. Sperando che Fanucci non si dimentichi di pubblicarlo anche in
Italia.
Il nome del vento (Fanucci
Editore, 2008)
La paura
del saggio (Fanucci Editore, 2011)
The Door of Stone (possibile titolo, prossima
pubblicazione)
Sto leggendo ora il primo libro della trilogia, Rothfuss non
è sporco e cattivo come gli altri, ma pur essendo “lirico” non scade in quello
stile troppo aulico che infesta il fantasy moderno da Tolkien in poi e perciò merita
una lettura. Nonostante si notino le ingenuità di uno scrittore esordiente,
con situazioni un po’ scontate ed un protagonista un po’ troppo bravo a fare
tutto, il primo romanzo si lascia leggere pur non essendo un capolavoro.
Smussando un po’ gli angoli ha le potenzialità per scrivere cose interessanti
in futuro ed è senz’altro da tenere d’occhio.
Patrick Rothfuss in realtà è uno gnomo
Un’ultima nota, il buon Martins aveva promesso che “The
Winds of Winter”, ovvero il sesto capitolo delle Cronache del Ghiaccio e del
Fuoco, sarebbe uscito nel 2014, ma alla convention Comic Con di New York ha
affermato che non sarà pronto prima del 2015, più realisticamente nel 2017.
Quindi speriamo di riuscire a leggere la fine della saga prima della pensione,
perché con questo ritmo il capitolo finale “A Dream of Spring” uscirà nel 2023
come minimo. Speriamo che George si dia una mossa, non vorrei vedere il finale
prima nella serie Tv e poi su carta! Chissà se le pressioni di HBO per avere
materiale per la serie spingerà George ad accelerare un po’i tempi. Vedremo!
Alla prossima! Vi lascio con una canzone degli svedesi Hammerfall dedicata ai Guardiani della notte, Take the black, ovvero "prendere il nero". Assai in tema questa volta.
Non molto tempo fa, spulciando la rete in cerca di
consigli su qualche bel libro da leggere mi sono imbattuta in Valerio
Evangelisti e la sua saga dell'inquisitore Eymerich. Essendo uno scrittore italiano mi aspettavo il peggio, perché sono
piena di pregiudizi verso gli autori del mio paese, ma ho dovuto ricredermi.Dopo essermi procurata il primo libro dei dieci che compongono l'epopea di Eymerich, ne ho affrontato la lettura senza troppe aspettative e ho finito col recuperare in breve tempo tutti gli altri.
Nel corso della saga, in parallelo allo sfondo storico della metà del XIV
secolo nel quale vive e opera Eymerich, Evangelisti tratteggia scorci di futuro
poco rassicuranti, devastati da guerre ed epidemie, trasformando quello che
potrebbe sembrare un romanzo storico in un romanzo di fantascienza. Le eresie
combattute da Eymerich, sottoforma di fenomeni a dir poco paranormali, trovano
spiegazione pseudo - scientifica nelle storie parallele che si intrecciano con
le vicende dell’inquisitore.
Nicolas Eymerich da Gerona è un personaggio storico
vissuto realmente, dottore in teologia nato nel 1320 e morto nel 1399, fu
inquisitore generale d’Aragona e scrisse diversi trattati sull’argomento.
Evangelisti si riserva di raccontarci la sua vita,
romanzandone le gesta e tratteggiando il personaggio in maniera che ho trovato
geniale e coraggiosa, creando un personaggio difficile da amare.
Padre Nicolas è radicalmente convinto che Dio sia al di
sopra di tutto, estremamente rispettoso dei dogmi imposti dalla chiesa, ma
essendo disposto a tutto pur di soffocare le eresie, si ritrova a dover
infrangere questi dogmi senza riserve pur di portare a termine i suoi compiti,
cosa che lo rende un personaggio complicato, dal carattere molto difficile.
Non ama il contatto fisico e ama la solitudine, è sempre
brusco e scontroso ma se serve è capace di usare la diplomazia. Ha una fobia
incontrollata per gli insetti ed è spietato con i nemici della chiesa. Il suo
modo di ragionare pone dei dubbi al lettore, che si ritrova a chiedersi se
Nicolas agisca nel giusto oppure no, sacrifica vite di innocenti o elimina pericolosi
eretici? In ogni caso, difficilmente si ritrova a fare del male al prossimo in
prima persona, riconosce a fatica l’efficacia della tortura e preferisce
evitare di usarla se non è strettamente necessario, lasciando ad altri il
compito di eseguire materialmente le condanne.
Bisogna ricordare che si parla di inquisizione, e perciò cercare
di capire la mentalità di quel periodo storico, il più buio della storia della
chiesa.
Nonostante il personaggio possa risultare antipatico e
indigesto, io lo adoro. Lo adoro perché sembra privo di umanità, mentre invece
combatte con i suoi demoni interiori che gli fanno provare sentimenti
contrastanti e dubbi sul suo stesso operato. Ed Evangelisti è bravo a
caratterizzarlo, mostrando i suoi comportamenti ambigui al lettore. Inoltre
alcuni dei comprimari delle sue vicende sono simpatici e spezzano il clima
freddo che si crea intorno al personaggio, anche se alcuni possono apparire un
po’ stereotipati, come padre Corona, bonaccione e incapace di fare del male o
padre Bagueny, irriverente e ironico fino all’esasperazione.
Eymerich sulla cover del videogioco per PC a lui dedicato
La saga ha qualità altalenante, personalmente ho letto i
libri in ordine cronologico, diverso da quello di pubblicazione, e perciò ho
notato alti e bassi nella scrittura. Migliori i primi, mediocri quelli
pubblicati più di recente, ma nel complesso si tratta di letture piacevoli.
A volte però gli intermezzi ambientati in futuri più o
meno prossimi sembrano messi lì perché sì, perché Evangelisti doveva per forza
metterceli e hanno poco mordente, in altri casi sono pieni di infodump, ma nel
migliore dei casi mettono curiosità e spingono il lettore a proseguire. Anche
se penso che avrei letto Eymerich volentieri anche senza di essi, accettando
per buone le credenze religiose dei personaggi, capisco l’intento dell’autore
di legare gli avvenimenti accaduti nel XIV secolo con quelli accaduti in un
futuro distopico e poco rassicurante.
In ordine cronologico, il primo è “Nicolas Eymerich,
inquisitore”, che è anche il primo ad essere stato pubblicato nel 1994, poi Evangelisti
è andato un po’ a casaccio.
Questo l’ordine di
lettura, tra parentesi la data di pubblicazione:
C’è chi dice che Evangelisti doveva smettere dopo Mater
Terribilis, e che gli ultimi due pubblicati non sono granchè (“La luce di
orione” e “Rex tremendae maiestatis”), ma spesso non mi sono trovata d’accordo
con la blogsfera quindi vi dirò in breve cosa penso io dell’intera saga.
“Nicolas Eymerich, inquisitore” è un buon inizio, anche
se le parti scientifiche sono un po’ noiosette, il successivo “Il mistero
dell’inquisitore Eymerich” è quello che mi è piaciuto meno, discreto ma nulla
di più. Interessanti però le parti ambientate nel futuro. “Il corpo e il sangue
di Eymerich” è carino e inizia a fare luce sugli accadimenti immaginati da
Evangelisti per il futuro della terra nelle sue parti fantascientifiche. Dopo
questi tre non proprio entusiasmanti ero indecisa se proseguire o meno, mi
erano piaciuti ma non mi avevano fatto gridare al miracolo. Poi ho letto
“Cherudek”.
“Cherudek” mi ha fatta immergere completamente nel mondo
di Eymerich con un libro scritto benissimo, che coinvolge in tutte le sue
parti, sia quelle fuori dal tempo che quelle che riguardano l’inquisitore.
Bellissimo.
Dopo di lui ho letteralmente divorato i tre successivi,
spinta da una voglia di leggere e leggere ancora le avventure di Nicolas
Eymerich. E non sono rimasta delusa.
“Picatrix, la scala per l’inferno” mi è piaciuto quasi
quanto il suo predecessore, le parti fantascientifiche in questo episodio
dipanano ulteriormente i dubbi sugli accadimenti della terra futura, mentre la
storia parallela relativa alla tortura da parte dell’inquisizione di una
misteriosa donna fa luce sulla personalità di Eymerich in maniera più profonda,
rivelando nuove sfumature di questo bellissimo personaggio, che cresce e si
rivela libro dopo libro.
Il successivo “Mater terribilis” è stato molto criticato
dai fan di Evangelisti, ma a me è piaciuto molto. Le parti futuristiche però
sembrano messe un po’ per forza, mentre le vicende legate a Jeanne D’arc si
amalgamano perfettamente con quelle di Eymerich, di nuovo alle prese con
aspetti contrastanti della sua personalità e con il dualismo della sua anima.
Nel romanzo “Le catene di Eymerich” ritroviamo scorci
futuri e passati che gettano le basi per capire tutta la trama fantascientifica
costruita da Evangelisti, mentre l’inquisitore, sempre più spietato, combatte
con vecchi nemici che credeva sconfitti. Un buon romanzo, che mi è piaciuto
quanto i precedenti anche se non tocca le vette raggiunte da “Cherudek” o
“Picatrix”.
“La luce di Orione” è in effetti il punto più basso della
saga. Non fraintendetemi, non è così male, solo sembra scritto in modo diverso.
Sicuramente durante i cinque anni che lo separano dal precedente l’autore ha
cambiato un po’ il suo stile. La vicenda dell’inquisitore è lenta e fino a metà
romanzo succede poco o nulla. Si riprende verso il finale, che a mio avviso
salva un libro altrimenti mediocre. Le parti fantascientifiche riportano in
scena le vicendedi un vecchio
personaggio piuttosto irritante, che s’intrecciano con alcuni scorci di quel
futuro di guerre e disastri predetto da Evangelisti.
Discorso molto diverso per “Il castello di Eymerich”, che
quasi raggiunge le vette toccate da “Cherudek”. Scorrevole e intrigante la
parte sull’inquisitore, di nuovo alle prese con il suo lato più umano, però un
po’ fiacche le parti di intermezzo, nonostante la loro importanza nell’economia
del romanzo. Nel complesso una buona lettura che apre la strada all’ultimo
capitolo della saga, “Rex tremendae maiestatis”.
Quest’ultimo, anche in ordine di pubblicazione, mette la
parola fine alle avventure di Padre Nicolas, mostrandoci inoltre scorci della
sua infanzia alternati a quelli di un lontanissimo futuro.
Il personaggio di Eymerich è invecchiato, ma ancora
determinato a sgominare le eresie con la sola forza della sua “armatura”,
ovvero l’abito che porta. In questo romanzo ritroviamo un Eymerich un po’ più
umano, evoluzione naturale visti gli avvenimenti accaduti in precedenza.
Un punto dolente: Evangelisti ci dice che sono passati
tredici anni dai fatti avvenuti nel libro “Il castello di Eymerich”, cioè quello
precedente in ordine cronologico. Ma c’è un errore! Il romanzo in questione è
ambientato nel 1369, dove Eymerich dice chiaramente di avere 49 anni. “Rex
tremendae maiestatis” è ambientato tra il 1371 e il 1372, ed in effetti
l’inquisitore afferma di avere 51 anni. Quindi in realtà sono passati solo due
o tre anni! Una dimenticanza dell’autore? Decisamente, e non me ne sono accorta
solo io. Il problema è che questa cronologia errata porta ad uno strafalcione
temporale che fa perdere di senso una parte importante della storia!
Molto male Evangelisti! Gli bastava spulciare il libro
precedente per verificare le date e non cadere in errore.
A parte questo erroraccio, il romanzo scorre come al
solito e conclude degnamente la saga, anche se sinceramente mi sarei aspettata
qualcosa di più, nel complesso non è niente male.
Eymerich è anche fumetto
E come mi è accaduto a volte in passato, chiudendo
l’ultimo libro di una lunga saga o anche solo di una trilogia, ho provato
nostalgia e commozione, pensando che era tutto finito. Padre Nicolas mi manca,
come mi mancano Druss la leggenda o Fafhrd e il Grey Mouser.
Quindi che dire? Evangelisti promosso. Se non lo avete
ancora letto ve lo consiglio, però non posso dire nulla sugli altri romanzi da
lui scritti, dato che mi sono limitata alla saga di Eymerich. Non escludo che
avvicinerò anche altri romanzi dell’autore bolognese, ma per ora mi fermo qui,
perché al di là dei miei pregiudizi ho apprezzato uno scrittore italiano e
tanto di cappello.
Alla prossima! Vi lascio con un pezzo dei Powerwolf che come al solito c'entra poco o nulla, ma mi pareva in tema.