Qualche sera fa sono andata a vedere la prima parte della
trilogia de Lo Hobbit, cercando di dimenticarmi dell’ovvia mossa commerciale di
Peter Jackson, ovvero dividere in tre lunghissimi film un libro per bambini di
circa 300 pagine. Scritto da J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit è il prequel del Signore
degli Anelli.
Nonostante io sia partita prevenuta, il film mi è
piaciuto moltissimo.
La trama iniziale riprende quella del romanzo: il vecchio
Bilbo Baggins scrive un romanzo basato sulle sue imprese di gioventù,
raccontando di come lo stregone Gandalf piombò come un fulmine a ciel sereno
nella sua vita per proporgli di prendere parte ad un’avventura. Bilbo rifiuta
la proposta, ma la sera stessa si ritrova la casa invasa da tredici nani il cui
compito sarà quello di riconquistare Erebor, la loro antica patria,
sottraendola dalle grinfie del drago Smaug. E per riuscirci avranno bisogno
delle abilità di uno scassinatore, e qui entra in gioco il nostro povero Bilbo,
che infine accetterà di partecipare alla spedizione.
Con un ottimo cast, soprattutto Martin Freeman nella
parte di Bilbo, e con effetti speciali a dir poco eccezionali, il film non
annoia mai durante le quasi tre ore di visione. L’azione non manca, la compagnia
è sempre in movimento, braccata da pericolosi avversari e i momenti di pace
sono pochi.
In molti punti si discosta da libro, introduce personaggi
vecchi e nuovi che in originale non venivano neppure menzionati, ma sono
incastrati sapientemente nella trama.
Ho apprezzato l’orco pallido Azog, dove ho riconosciuto
il tocco magico di Guillermo del Toro. Magari mi sbaglio, ma secondo me ci ha
messo lo zampino lui prima di lasciare il progetto.
Una nota dolente è il personaggio di Radagast, secondo me
raffigurato un po’ troppo come un vecchio matto e perciò ridotto ad una macchietta.
Nel complesso la visione è più che piacevole, e il finale
ovviamente aperto mette curiosità su come andrà a finire per il povero Bilbo,
anche se chi come me ha letto il libro da ragazzina un idea ce l’ha.
Lo consiglio a tutti coloro a cui è piace il fantasy,
anche senza essere fan di Tolkien perché il film è molto più leggero e godibile
del Signore degli Anelli ed è adatto anche ai bambini.
Negli ultimi anni i miei gusti in fatto di romanzi
fantasy sono radicalmente mutati, più o meno da quando ho capito che quelli più
letti e famosi in realtà sono tutti uguali: sembrano le cronache di una partita
a D&D con tanto di dungeon e scontri casuali, e questo non va per niente
bene, credetemi.
Parlo di saghe come Dragonlance, le avventure di Drizzt o
i terribili romanzi della Troisi. Da ragazzina ho letto alcuni di questi e mi
erano piaciuti, ma con il senno di poi e con la scoperta di capolavori come le
Cronache del Ghiaccio e del Fuoco o Fafhrd e Gray Mouser mi sono totalmente
ricreduta.
Il vero fantasy non deve essere un’accozzaglia di elementi
scopiazzati dal Signore degli Anelli, ci deve essere un bel po’ di originalità,
personaggi ben caratterizzati e un’ambientazione coerente e credibile.
Ebbene sì, ci deve essere credibilità anche se è fantasy.
Non vanno bene elementi fantastici buttati a caso perché “tanto è fantasy”, ci
devono essere spiegazioni razionali, ma badate bene: lo scrittore deve
mostrare, non perdersi in inutili e lunghissimi inforigurgiti su come funziona
il mondo da lui creato.
Una bella illustrazione fantasy del bravissimo Wayne Reynolds tratta da Pathfinder
Detto ciò, ecco le dieci cose che in un fantasy non
digerisco più, in ordine sparso naturalmente:
1.Le
razze tipiche del fantasy, come elfi, nani e orchi mi hanno davvero stancata.
Un buon fantasy può funzionare anche senza di loro, come ci dimostra
efficacemente il buon R.R.Martins nelle sue Cronache.
2.Le
solite trame in cui un male superiore sta per distruggere il mondo sono banali
fino allo sfinimento: meglio trame circoscritte ad un regno, una città o una
piccola zona, dove i protagonisti potrebbero imbattersi in intrighi politici,
personaggi ambigui o minacce nascoste. Come succede spesso nella Sword and
Sorcery, gli eroi non salvano il mondo, ma salvano a malapena se stessi dai
pericoli in cui si imbattono durante il loro cammino.
3.Il
gruppo di eroi invincibili stile D&D è da evitare come la peste: il party
tipico con ladro, mago, chierico e guerriero non si può più leggere. I
protagonisti potrebbero essere mercenari, quindi abili con le armi, ma anche
uomini comuni. E nel caso che non abbiano un addestramento militare è meglio
che non diventino dei maestri appena prendono in mano una spada, ma è meglio
che imparino lentamente, che all’inizio siano goffi e distratti e che solo dopo
molto tempo imparino a maneggiare un’arma con un po’ più di efficacia.
4.Gli
scontri con mostri e banditi vari buttati nel mezzo della trama senza uno
scopo, solo perché si vuole un po’ più di azione non hanno senso! Gli scontri
devono essere funzionali alla trama, non è che se ci si infila in un tunnel
sbucano automaticamente goblin da tutte le parti, non è una partita di D&D.
Gli scrittori tendono a mettere pericoli in ogni angolo, anche se non servono a
far progredire la storia. Non capiscono che un romanzo o un racconto possono
essere belli anche se i personaggi combattono solo il minimo indispensabile.
5.Il
solito antagonista malvagio perché sì, senza motivazioni solide ad accompagnare
le sue azioni è infantile e ridicolo. L’antagonista può anche non essere del
tutto malvagio, potrebbe soltanto avere un punto di vista diverso dal solito,
magari persino comprensibile. I suoi scopi personali devono sensati e coerenti:
conquistare o distruggere il mondo non sono motivazioni accettabili.
6.L’uso
smodato della magia porta ai cosiddetti “Deus ex machina”, dove una forza
superiore e inaspettata risolve la trama. Non va per niente bene, la magia
dovrebbe essere rarissima e conosciuta solo da pochi. Chi la pratica dovrebbe
sforzarsi enormemente per riuscire ad eseguire anche i più semplici sortilegi e
questi effetti dovrebbero suscitare meraviglia nel lettore, non reazioni del
tipo: “Palla di fuoco? Ancora!”.
7.Il
lieto fine a tutti i costi non è un dogma, il romanzo potrebbe anche avere un
finale triste, dove l’eroe non vince o l’amore non sboccia. Ma attenzione, deve
comunque essere un vero finale, non lasciare l’amaro in bocca a chi legge.
8.Il
fantasy può anche essere brutto, sporco e cattivo, non necessariamente
zuccheroso e fiabesco. Le città possono essere sporche, piene di criminalità e
corruzione, mentre i personaggi si ubriacano, sono politicamente scorretti o fanno
sesso nei bordelli. In particolare il sesso è spesso velatissimo, pieno di
frasi poetiche e stucchevoli. Personalmente preferisco scene esplicite come
nelle ormai citatissime Cronache di R.R.Martins, ma su questo devo dire che si
tratta di gusti personali.
9.Le
solite missioni in cui il gruppo deve recuperare l’artefatto perduto per
sconfiggere il cattivone di turno fanno troppo videogames, non dovrebbero
proprio comparire in un romanzo.
10.I
personaggi stereotipati: il solito eroe predestinato e la sua bella principessa
stizzosa, l’amico sfigato o quello grosso e stupido. Gli scrittori dovrebbero
caratterizzare i propri personaggi in maniera più originale, dovrebbero
costruirgli intorno una storia credibile e dotarli di personalità interessanti,
e perché no, anche di paure e piccole manie.
E con questo ho detto tutto, sarei felice di sapere le
vostre opinioni in merito, ma per ora vi lascio con un pezzo metal molto
fantasy.
“Ni No Kuni: La minaccia della strega cinerea” è un
videogioco di ruolo in esclusiva per PS3. Si tratta di un jrpg, ovvero di un
gioco di ruolo di stampo orientale, sviluppato da Level 5 (quelli del Professor
Layton tanto per intenderci) con la collaborazione del famosissimo Studio
Ghibli.
Per chi non lo sapesse, lo Studio Ghibli è lo studio cinematografico
di film d’animazione giapponese fondato dal maestro Hayao Miyazaki (La città
incantata, Laputa, Il castello errante di Howl e tanti altri bellissimi film).
Per Ni No Kuni, lo Studio Ghibli ha curato la grafica del
gioco, donandogli lo stile tipico dei suoi cartoni animati, e ha affidato le
musiche al maestro Joe Hisaiashi, compositore di molte delle colonne sonore dei
film prodotti dallo studio stesso.
Un po' di gameplay...
Ma quali sono le premesse per questo titolo? La trama è
semplice: Oliver, un ragazzino di 13 anni, perde improvvisamente la madre dalla
quale aveva ricevuto in dono una bizzarra bambola. Questa si rivelerà poi un
essere senziente, Drippy, che guiderà Oliver nel mondo alternativo di Ni No
Kuni alla ricerca della madre perduta con l'ausilio di un antico libro magico.
Drippy, non è adorabile?
Il gameplay assomiglia a quello dei classici jrpg: i
combattimenti sono un misto fra turni e tempo reale, durante i quali si possono
spostare liberamente in personaggi nel campo di battaglia per posizionarli tatticamente
e sfruttarne i poteri magici. L’esplorazione permette invece di gironzolare
liberamente per la mappa del mondo prima di entrare in una location, come accadeva
nei vecchi Final Fantasy, e una volta entrati si possono assaporare ambienti
suggestivi e coloratissimi in stile fiabesco.
Ecco cosa ci sarà nella collector edition. Non vorreste anche voi un pupazzetto di Drippy?
Nonostante io non ami più come una volta i jrpg, non dopo
le delusioni degli ultimi Final Fantasy (dal XII in poi), sono rimasta affascinata da questo Ni No Kuni: che sia per
lo stile dello Studio Ghibli, che personalmente adoro o che sia per il sapore
old style del gameplay, non so dirlo con certezza, ma quello che so è che non
vedo l’ora che esca.
Quindi se amate i giochi di ruolo nipponici e lo Studio
Ghibli vi consiglio di seguire l’uscita di questo gioco, prevista per il prossimo
24 gennaio, non rimarrete delusi.
Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione, ma ultimamente
il mio lavoro è più massacrante del solito, sarà perché ci si avvicina al
Natale. Non prometto maggiore frequenza, ma non temete, terrò aggiornato il
blog costantemente.
Finalmente a fine ottobre è uscita la terza e ultima parte
in cui è stato spezzato “A Dance with dragon”, quinto volume delle
Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e che Mondadori ha intitolato appunto "La Danza
dei Draghi".
Per godere appieno di questo volume dobbiamo leggere i due precedenti: "I Guerrieri del
Ghiaccio" e "I fuochi di Valyria", per un totale di circa 57 €. Cifra scandalosa se pensiamo che se avessero lasciato il libro tutto intero ne sarebbe costati una ventina.
Ma Mondadori ha dovuto spezzarlo in tre parti e farci pagare
il triplo, "perchè è troppo lungo", stessa politica adottata con i precedenti quattro volumi della saga
(potete trovare maggiori dettagli in questo post). Vergognoso.
Per leggere i volumi della saga integri come dovrebbero essere dobbiamo cercare i
volumi pubblicati da Urania, ma è dura trovarli dato che non si trovano in libreria, ma sono libri da edicola. E qui per fortuna Mondadori ha
fatto una cosa buona, iniziando a ripubblicare la saga dal principio (grazie
alla serie tv) in volumi originali. Finora sono usciti i primi due, Il trono di
spade e Lo scontro dei Re, che ricalcano i primi duevolumi delle Cronache.
Speriamo che continui così, pubblicando anche gli altri in
versione originale.
Per ora è tutto, queste settimane sono state pesanti e ho
avuto poco tempo per scrivere sul blog, ma sto preparando un nuovo articolo e
conto di pubblicarlo entro il prossimo week end.